Dust, una storia dieselpunk

di Enrico Di Stefano

 

Avete mai sentito il termine Dieselpunk? Sì? No? Se non lo conoscete (o facendo finta di sconoscerlo) mi date la possibilità di parlare estesamente di un fenomeno che riguarda soprattutto le arti grafiche, meno noto del fratello maggiore Steampunk ma altrettanto interessante. Dunque… Andiamo con ordine.

Immaginate un mondo che è andato oltre il vapore, dal punto di vista tecnologico. Dove a farla da padrone sono l’elettrotecnica e i motori a combustione interna, come quelli Diesel. Immaginate una versione alternativa, ma neanche tanto lontana dalla realtà, degli anni ’30 del Novecento. L’epoca che prelude la Seconda Guerra Mondiale, evento chiave intorno al quale ruota la storia che voglio raccontarvi.

Dal punto di vista grafico, il Dieselpunk appare più accattivante rispetto allo Steampunk. Quest’ultimo è ammantato da un’aura gotica e trova il suo scenario caratteristico nelle atmosfere nebbiose e ricche di smog della Rivoluzione Industriale di epoca vittoriana. Anche il cuoio di cui sono fatti gli accessori del vestiario di questo XIX secolo alternativo, con i suo colore scuro, sembra contribuire alla creazione di un’ambientazione piuttosto cupa. Le figure femminili caratteristiche del sottogenere sono inquietanti, misteriose, rese seducenti da busti strizzati nei corpetti e da decolté tanto generosi quanto anacronistici. Il loro cipiglio è quasi sempre minaccioso, come minimo battagliero Gli uomini si atteggiano ad avventurieri temerari. Il metallo caratteristico è il ferro, non di rado arrugginito. Ma anche il bronzo e l’ottone fanno la loro parte.

Il Dieselpunk, invece, attinge a piene mani nell’iconografia dell’epoca d’oro delle pin-up. I colori sono brillanti, luminosi. Le ambientazioni sono quasi sempre in pieno sole. Le ragazze vestono abiti leggeri, color pastello, e mostrano lunghe gambe esaltate da tacchi vertiginosi. Il più delle volte sorridono o, almeno, ammiccano. Le figure maschili sono poco ricorrenti e non rimangono impresse nella memoria. Anche in questo caso si può parlare di un metallo caratteristico: il lucente alluminio, usato nella costruzione di aerei dalla linea grintosa e di maestose aeronavi; il solido acciaio è presente ma in subordine.

Non bisogna pensare, però, a un clima da Happy Days i anticipo di una generazione. Il periodo caratteristico del Dieselpunk è quello a cavallo tra gli anni ’30 e ’40 del XX secolo. Un periodo affascinante, ma estremamente conflittuale. Nella realtà storica la Guerra d’Etiopia (1935), la Guerra di Spagna (1936), la Seconda Guerra Sino Giapponese (1937) le battaglie di Cashan (1938) e di  Nomonhan (1939) hanno rappresentato un sanguinoso preludio alla Seconda Guerra Mondiale.

L’ombra del confronto militare, infatti, incombe sempre, più o meno esplicitamente, sull’iconografia dieselpunk.

E di guerra tratta Dust, progetto sviluppato dal disegnatore sanremese Paolo Parente nell’ultimo decennio. Si tratta di una versione alternativa della Seconda Guerra Mondiale, combattuta a partire dal 1939, il cui punto di svolta si pone nel 1947.

Qui proveremo a descrivere, per sommi capi, questa complessa ucronia.

Alla base di tutta la vicenda vi è il ritrovamento, in un 1938 alternativo, di una navicella aliena in una località lungo le coste dell’Antartide. La tecnologia extraterrestre, unita alla scoperta di una nuova fonte energetica chiamata VK, ha un impatto enorme sulla scienza e schiude nuovi  orizzonti per la razza umana. Ma quest’ultima impiega le nuove conoscenze per fini bellici, intraprendendo una nuova e forsennata corsa agli armamenti.

Gli schieramenti che si contrappongono sono sostanzialmente identici a quelli della WWII. Da una parte l’Asse, dominata dal Reich tedesco. Dall’altra l’Unione Sovietica e Gli Stati Uniti come attori principali. Le truppe degli altri stati, ad esempio la Legione Straniera francese e il Battaglione San Marco della Regia Marina italiana compaiono meno frequentemente.

Questa, per sommi capi, è la storia che prelude agli eventi raccontati in Dust, progetto nato come fumetto, ma presto evoluto in un boardgame sviluppato su due livelli differenti.

I personaggi più interessanti del comic sono femminili, in particolare ricordiamo il tenente pilota Eva Korutchenko, asso dell’aviazione sovietica, il capitano Koshka Rudinova, ufficiale dell’Armata Rossa, e la professoressa Sigrid Von Thaler, scienziata del Reich tedesco. E’ doveroso spendere qualche parola per commentare l’aspetto delle tre. Qui il loro creatore è incorso, se vogliamo, nel “peccato originale” di quasi tutti coloro che disegnano le donne per illustrare storie in un contesto fantascientifico. Infatti Eva, Koshka e Sigrid sono alte e slanciate come top model e piuttosto generose nell’esporre gli imponenti decolté. Naturalmente la loro avvenenza ha fatto nascere la prevedibile emulazione da parte di tante procaci cosplayer. Tra queste ricordiamo in particolare la prorompente Marie-Claude Burbonnais, una delle più note animatrici delle convention internazionali.

Come fumetto Dust è sicuramente ben fatto, ma sono le sue due “incarnazioni” ludiche ad essere più interessanti.

Come gioco da tavolo esiste in una versione simile al FutuRisiKo, ma ancora più complessa, e in una paragonabile al classico Warhammer 40000.

Cominciamo dalla prima. Rispetto alla versione fantascientifica del Risiko, nel quale le unità sono di tre di tipi diversi (carri armati, aerei e sottomarini), in Dust si aggiungono dei robot da combattimento alle forze terrestri mentre quelle aeree vedono la distinzione tra caccia e bombardieri. Già le cinque tipologie di armamenti consentirebbero l’impostazione di partite molto articolate, ma vi sono anche delle carte che, distribuite ai giocatori, rendono possibili le più disparate scelte strategiche. Inoltre i territori in cui è suddiviso il tabellone non sono tutti uguali: alcuni consentono l’estrazione del prezioso VK; altri ospitano i centri di produzione industriale e in uno, in particolare, viene posta la capitale di ciascun impero in lotta.

Già questa breve descrizione lascia intendere la complessità del boardgame che, forse per questo motivo, non ha avuto la diffusione capillare del Risiko. E non potrebbe essere altrimenti, richiedendo ai partecipanti molta attenzione e una buona conoscenza delle numerose regole. Non è esagerato affermare che si tratta di un gioco per una élite di player estremamente motivati e molto avvezzi alle complessità dei giochi da tavolo più avanzati.

Per quanto riguarda la seconda versione ludica di Dust, bisogna dire che si basa su miniature di eccellente fattura.

Le unità di fanteria e, soprattutto, i veicoli sono realizzati con una cura impressionante.

A differenza di quelle creati per l’universo di Warhammer 40000, caratterizzati da un’inevitabile “alienità”, quelle ideate da Parente e dal suo team creativo somigliano moltissimo ai mezzi che hanno combattuto la vera Seconda Guerra Mondiale. Ad esempio l’esercito sovietico impiega nel gioco il carro armato Lavrentij Beria, praticamente identico allo Josif Stalin II dispiegato sui veri campi di battaglia contro i nazisti.

La stessa cosa si può dire per il Pakwagen 251, identico al Sd.Kfz. 251 usato dalla Wermacht su tutti i fronti fino al termine del conflitto.

Ma altri mezzi si discostano parecchio dal reale e utilizzano le tecnologie consentite dalla premessa fantascientifica della storia. Ricordiamo, tra questi, il carro armato pesante Aleksandr Vasilievsky armato da due “Cannoni Tesla”.

Vi sono, inoltre, macchine di varie dimensioni dotate di gambe meccaniche anziché ruote o cingoli. Sono usate in combattimento o per il trasporto truppe.

E’ doveroso accennare alla componente aerea, la cui presenza è imprescindibile in un contesto dieselpunk. I velivoli sono molto originali, ma a loro modo verosimili. Ricordiamo il cacciabombardiere tedesco Horten Ho 347 e quello americano P 48. Questi aerei, dalle linee tanto filanti quanto aggressive, possono montare armi convenzionali o laser.

Sono numerose le unità di fanteria, schierate sia dal campo alleato che dall’Asse. Tra queste spiccano le Raketen Truppen germaniche, forze d’élite dotate di zaini a razzo che le rendono mobilissime. Immaginate interi reggimenti di Rocketeer (personaggio creato dal fumettista Dave Stevens nel 1981. NdA). Altre unità speciali, realizzate dalla scienza deviata praticata nel campo dell’Asse, sono squadre costituite da gorilla modificati e, addirittura, da zombie. Vi sono anche truppe mercenarie in cui militano prevalentemente donne. Sono impegnate in prima linea come le “Sisters of Mayhem” e le “Sisters of Demolition” oppure come specialisti della manutenzione come “Justine & Co”. Il denominatore comune, in ogni caso, è la vistosa bellezza di queste giovani combattenti. Scelta, a quanto pare, ben accetta dal mercato a giudicare dalla fortuna internazionale del brand Dust.

In conclusione, ci troviamo di fronte a un prodotto molto ben confezionato e decisamente accattivante per quella “Comunità Nerd” la cui fame di nuovi giochi sembra inestinguibile. Gran parte del successo è legato al mondo dei collezionisti di action figure, molto sensibili alla bellezza e alla perfezione tecnica dei modellini in scala 1 : 35 che danno concretezza alla saga e la trasformano in un gioco affascinante.

Stona un po’ l’attribuzione dei ruoli tra i contendenti. Probabilmente per non spiazzare il ricco mercato d’oltreoceano, i “cattivi” della storia sono i tedeschi; loro sono le scoperte scientifiche che si fanno beffe dell’etica, come il siero di resurrezione; tra le loro file militano i comandanti più crudeli, come il maggiore Tina Baumann.

Non si è calcata troppo la mano, invece, sulle poche unità italiane e giapponesi.

Gli americani, invece, sono rappresentati secondo l’iconografia cui ci hanno abituato decenni di cinema di guerra Made in Hollywood. Sono belli, noncuranti, coraggiosi e leali. In una parola, vincenti. Ma, come si suol dire, il cliente ha sempre ragione e chi caccia il grano, si sa, non può essere scontentato. Però l’insieme e bello, curato, intrigante e funziona. A un collezionista di action figure che si rispetti non dovrebbe mancare qualche bel pezzo, veicolo o personaggio, rappresentativo del fantastico e rutilante universo di Dust.