Strane Forme di Vita


ovvero la SF dove non avreste mai creduto di trovarla


di Enrico Di Stefano

 

Nella introduzione ad una delle migliori antologie di fantascienza mai pubblicate, Protostars del 1971, il curatore David Gerrold affermava: Della Fantascienza mi piace dire che è la nuova teologia o, per meglio dire, che è la teologia dell’uomo moderno. E’ l’unica forma letteraria del XX secolo che osi apertamente speculare sulla natura della realtà e sul posto dell’uomo nell’universo.

Ma con il nuovo secolo - ed a quasi quarant’anni da questa affermazione – qualcosa è cambiato?

E’ tramontata l’era della Fantascienza? Il genere cui hanno dato lustro Asimov e Bradbury ha fatto il suo tempo? L’uomo moderno può fare a meno della creatività visionaria e profetica di Dick e Ballard? Non c’è più nulla che ci stupisca? Guardiamo ai mondi che ci aspettano con indifferenza?

Più d’uno tra gli appassionati paventa la catastrofe, immaginando la fine di un sogno fatto di robot, astronavi, alieni, pianeti inospitali e società aberranti.

Personalmente mi permetto di dissentire con i catastrofisti e addirittura sostengo una tesi che farà inarcare - forse – più di un sopracciglio: la Science Fiction non ha vinto… Ha trionfato ed è oggi tra i più importanti contributi della modernità al substrato culturale della società occidentale post industriale.

Detto in soldoni, il nostro immaginario collettivo (anche se non ce ne rendiamo conto) è stato in gran parte plasmato dalla fantascienza che ha contribuito a rendere l’uomo moderno ciò che é.

Increduli? Facciamo due passi insieme tra ciò che è stato e ciò che è.

 

Occorre mettersi d’accordo su cosa significa Fantascienza - Science Fiction nei paesi anglosassoni – per stabilirne la data di nascita. Sottintendendo come condizione necessaria la commistione dell’elemento fantastico con quello scientifico, i più fissano l’evento fatidico al 1895 con The Time Machine: an Invention di H.G. Wells. Altri, ma è risaputo, retrodatano il tutto al 1818, anno in cui Mary Shelley dà alle stampe Frankenstein or the Modern Prometeus. In ogni caso, la fantascienza moderna nasce nel XIX secolo. All’inizio non costituisce un genere a se stante, confluendo nel vasto mare della letteratura fantastica. Serve qualche decennio perché se ne definiscano i canoni che ne decreteranno la fioritura sulle pagine dei pulp della Golden Age. Ma la forza dirompente delle idee che accompagnano l’ascesa del nuovo genere fa si che a questo la sola carta stampata vada stretta. Il Cinema é ancora in fasce quando, nel 1902, Georges Méliès sbalordisce il Mondo con Le Voyage dans la Lune, opera sincretica ispirata al classico De la Terre à la Lune di Jules Verne (1865) e all’allora recentissimo The First Men on the Moon di Wells (1901). I 14 minuti del cortometraggio francese segnano l’inizio della generalmente felice convivenza tra fantascienza letteraria e cinematografica e rappresentano il primo passo nella fruizione del genere attraverso la tecnologia. Ricordo questi elementi per esporre una personale considerazione: la fantascienza è - a tutti gli effetti - una delle principali manifestazioni della Rivoluzione Industriale. Come tale rappresenta addirittura un  fenomeno di rilevanza antropologica.

 

“Esplosione Evolutiva” nella prima metà del Novecento

 

All’inizio del Novecento chi ama la fantascienza la trova prima sui libri e poi, sempre più frequentemente, al Cinema. Ma l’offerta si fa sempre più variegata e la prima metà del secolo assiste ad una evoluzione esplosiva che trasferisce il genere in nuove forme espressive. Karel Capek scrive nel 1920 un dramma teatrale destinato a fare epoca: R.U.R. Messa in scena per la prima volta a Praga il 25 gennaio del 1921, l’opera fa conoscere al mondo un neologismo destinato a fortuna imperitura: Robot, dal boemo robota (lavoro faticoso e ripetitivo).

Un lustro dopo, negli Stati Uniti, nasce Amazing Stories, la rivista di Science Fiction per eccellenza, fondata nel 1926 da Hugo Gernsback. Si diffonde la fruizione popolare della letteratura “di genere” attraverso i pulp, pubblicazioni che, essendo a grande tiratura ed impresse su carta scadente, risultano tanto economiche da conoscere un enorme successo.

Entra in campo il fumetto di fantascienza e infatti alcuni eroi popolari che fanno fortuna al Cinema nascono di carta.

Nel 1929 lo statunitense Philip Nowlan crea Buck Rogers, trasposizione a fumetti di un romanzo,  Armageddon 2419 AD, che lo stesso autore aveva pubblicato l’anno precedente proprio su Amazing Stories. Sul disegnatore di Buck Rogers, Dick Calkins, occorre soffermarsi: combatte in Europa durante la Grande Guerra ed ha modo di vedere in azione aerei e carri armati; da questa severa esperienza trae la felice ispirazione che ne fa il primo vero inventore grafico di tecnologie avveniristiche, aspetto fondamentale del fumetto di fantascienza. L’eroe di Nowlan arriva al cinema con un lungometraggio diretto da Ford Beebe e Saul Goodkind (1939) e, quarant’anni dopo, in televisione con una fortunata serie diretta da Daniel Haller, Buck Rogers in the 25th Century (1979). Nel 1934, appare Flash Gordon, splendido fumetto di Alex Raymond. Bellissima, visionaria, piacevolmente barocca e sensuale in molte scelte grafiche, l’opera dell’artista americano dà origine a numerose trasposizioni cinematografiche già a partire dal 1936: Flash Gordon: Space Soldiers di Frederick Stephani.

Sono anni molto fecondi. Il Cinema di Fantascienza è ormai maturo e si è già lasciato alle spalle da un decennio delle vere pietre miliari, come Aelita (1924) del russo Jakov Protanazov e, soprattutto, Metropolis (1927) del tedesco Fritz Lang.

Da questi pochi esempi si vede che le varie forme espressive della Sci-Fi, già negli anni ’30, sono diventate, per così dire, “intercomunicanti”.

La tradizionale filiazione romanzo ð film o romanzo ð fumetto prende a funzionare in entrambi i sensi.

Addirittura dal  fumetto, a quei tempi ancora arte minore, vengono tratti buoni film d’avventura fantascientifica.

Quando un’idea è buona può essere proposta con successo in varie forme, fino ad arrivare allo sfruttamento massiccio – e redditizio - mediante il merchandising.

Un caso emblematico che ci riporta a quei fatidici anni ’30, è The War of the Worlds, il classico di H.G. Wells apparso in Inghilterra nel 1898. Nel 1938 il  ventitreenne Orson Welles, dai microfoni della CBS, trasmette il un radiodramma tratto dal romanzo, pubblicato ben quaranta anni prima.

La trasmissione dà origine ad un colossale equivoco per cui una parte della popolazione degli U.S.A. ritiene di subire l’invasione da parte di un’armata marziana. La stessa operazione viene ripetuta, con esiti addirittura letali, nel 1949 in Ecuador da Radio Quito.

La Guerra dei Mondi è, forse, l’opera di fantascienza proposta in più forme: due film di successo, quello di Byron Haskin (1953) e quello di Steven Spielberg (2005); un’opera rock di Jeff Wayne (1978); un sofisticato videogame prodotto dalla Rage Software (1998); numerosi fumetti, ad esempio Superman: The War of the Worlds (DC Comics, 1998) storia di Roy Thomas e disegni del grande Michael Lark che ambienta la storia nel 1938; innumerevoli miniature e giocattoli, come quelli prodotti dalla Lego.

 

Cartoni Animati di Fantascienza

 

Un sottogenere sempre più frequentato – nell’ambito del Cinema di Fantascienza - è il lungometraggio a cartoni animati. Non è molto considerato, dagli appassionati più “arrabbiati”, pur avendo raggiunto vertici artistici non indifferenti, soprattutto grazie ad artisti francesi e giapponesi. Uno dei migliori esempi è La Diabolica Invenzione (1958) del geniale regista cecoslovacco Karel Zeman. Ispirato molto liberamente alla produzione di Jules Verne, sfrutta una tecnica molto affascinante che inserisce attori in carne ed ossa all’interno di scenari disegnati che ricordano le atmosfere dei dipinti di Gustave Doré. Il Pianeta Selvaggio (1971) di Roland Topor e René Laloux è, invece, un vero e proprio cartone animato, ma molto distante dalle rassicuranti produzioni d’oltreoceano, destinate ad un pubblico costituito da famiglie. Si tratta invece di un’opera ermetica, filosofica, visionaria.

Discontinuo e disturbante è Heavy Metal, produzione canadese a episodi, diretto nel 1981 da Gerald Potterton e vagamente ispirato ai fumetti della rivista cult francese Métal Hurlant.

Più facile, invece, è la fruizione di opere pensate per un “target” più ampio. Ne citiamo alcune tra le più riuscite:

Il Gigante di Ferro (1999) di Brad Bird; Titan A.E.(2000) di Don Bluth e Il Pianeta del Tesoro (2002) di Ron Clements, una produzione Disney che rivisita in chiave fantascientifica l’Isola del Tesoro di Robert Luis Stevenson.

 

Fantaspot e Fantaclip

 

Nel n°11 (2007) di Fondazione abbiamo trattato in dettaglio l’uso che si è fatto dell’iconografia fantascientifica nella pubblicità, soprattutto televisiva. E nel n°9 (2006) ci eravamo occupati dei videoclip musicali che con immagini di astronavi, alieni e robot hanno svolto egregiamente il compito di promuovere il brano musicale che accompagnavano.

Pur trattandosi di forme espressive diverse, il videoclip e lo spot hanno un evidente denominatore comune: la necessità di fare presa in modo immediato sul pubblico, soprattutto giovane.

Il fatto che, in ambiti così diversi, si sia attinto a piene mani alle suggestioni fantascientifiche costituisce forse la prova più convincente dell’ormai indelebile marchio che la fantascienza ha impresso nell’immaginario collettivo.

 

Toys & Games

 

Indiscutibilmente, la componente  ludica della vita si mantiene anche in età adulta.

Che si potesse giocare con la fantascienza lo abbiamo scoperto da piccoli. Da bambino – porto la mia esperienza ad esempio - ho ricevuto in dono parecchi fanta-giocattoli. Alcuni li ricordo ancora con emozione: una meravigliosa automobile lunare con tanto di astronauti; un bellissimo razzo che si sollevava da solo, corredato da effetti sonori e luminosi; un coloratissimo robot di latta che si spostava con il classico incedere degli automi; una squadra di soldatini spaziali con la quale ho giocato tanto, un pomeriggio, da saltare l’irrinunciabile appuntamento con la TV dei Ragazzi.

Bastava avere otto anni, possedere un briciolo di fantasia e un balocco da poche lire per immedesimarsi nel ruolo del conquistatore spaziale.

Quando siamo cresciuti, la voglia di giocare non è passata in realtà… Ma per non suscitare la facile ilarità di amici e parenti ci siamo dedicati ad altro: cultura, sport, vita sociale, coinvolgimenti sentimentali.

Sotto sotto, tuttavia, la vecchia passione covava inestinguibile ed aspettava, per tornare a manifestarsi, solo la buona occasione.

Questa è arrivata a metà degli anni ’90 quando il PC prima e la play station dopo hanno sdoganato il gioco riservato agli adulti.

E molti di questi giochi erano pura SF. Tra tutti, ne cito due: Rama e River World, entrambi trasposizioni in game degli omonimi romanzi di Arthur Clarke e Philip Farmer.

 

L’ultima frontiera dei giochi fruiti attraverso il PC sono i Browser Games. Si tratta di giochi di gestione di un personaggio (il cosiddetto PG), di un veicolo futuribile o di un impero del quale devono essere potenziate le caratteristiche. Dark Orbit, Space Empires, Dark Pirates, per citarne alcuni. La loro diffusione è straordinaria e ne sono appassionati milioni di giocatori. Questi ultimi, ovviamente, devono utilizzare nel miglior modo possibile flotte d’astronavi, imperi interstellari o robot da combattimento. La qual cosa li “costringe” a familiarizzare con concetti come iperspazio, wormhole, razze aliene, nanotecnologie e chi più ne ha più ne metta.

I più appassionanti sono sicuramente due.

Il primo è Ogame della tedesca Game Forge, il cui scopo è sviluppare risorse, tecnologie ed armamenti di uno o più pianeti. Il secondo è  Tech Warrior, sviluppato dai Red Moon Studios (anch’essi tedeschi) dove invece l’obiettivo è il potenziamento di un “robottone” da combattimento – il tech – del quale vanno aggiornati laser, lanciarazzi, corazze e scudi elettromagnetici. Le macchine affrontano missioni di vario tipo, si confrontano in duelli in un’arena oppure in scontri casuali.

 

La Fantascienza nella Filatelia

 

In genere chi si vede dedicare un francobollo ha una prova tangibile della raggiunta celebrità. Il mondo della Filatelia ha prestato moltissima attenzione alla Fantascienza e ai suoi migliori autori. Non si contano le emissioni dedicate a Jules Verne, ma anche altri scrittori si sono ritrovati sulla carta gommata. E’ interessante notare che, contrariamente a quanto si sarebbe portati a pensare, i francobolli ispirati alla fantascienza non vengono prodotti esclusivamente dai paesi anglofoni. Molte serie sono africane, asiatiche e caraibiche. Ne ricordiamo alcune tra le più belle. Una emissione molto curata è quella da 800 lire del 1994 realizzata a San Marino. Si tratta di 16 pezzi, disegnati da Franco Filanci, dedicati ad altrettanti romanzi famosi e ai loro autori: Cronache della Galassia, di Isaac Asimov; Anni senza fine di Clifford Simak; Il cacciatore di Androidi di Philip Dick; Medioevo prossimo venturo di Roberto Vacca solo per citarne alcuni. Il Regno Unito ha dedicato ad un suo figlio illustre, H.G. Wells, una serie, graficamente molto originale, di quattro pezzi (25, 30, 35 e 41 penny) disegnati da Siobhan Keaney ed emessi nel 1995. Uno dei paesi più attenti alle tecnologie spaziali, l’U.R.S.S., vantava una notevole produzione di francobolli d’ispirazione fantascientifica. Forse il pezzo più bello è il 16 copechi del 1967, raffigurante una stazione spaziale. Gli U.S.A. hanno dedicato molti francobolli alla Conquista dello Spazio. Molto bella è la serie da 45 centesimi del 1989 nella quale sono raffigurati alcuni veicoli e astronavi avveniristici.

La più importante saga televisiva di fantascienza di tutti i tempi, Star Trek, è stata celebrata da molti paesi. Non si contano le emissioni, per cui ci limitiamo a segnalarne due: la prima, dedicata ai componenti del Ponte di Comando della Serie Classica, è stata adottata da St.Vincent nel 1996 ed è costituita da nove pezzi da un Dollaro dei Caraibi Orientali; la seconda, stampata nella Guyana nel 1994, è dedicata al film Generazioni ed è costituita da nove pezzi da 100 Dollari della Guyana (circa 40 centesimi di Euro).

E’ evidente che una simile profusione di emissioni è un’ulteriore conferma del notevole influsso che la Science Fiction esercita sulla cultura mondiale e rappresenta un lusinghiero riconoscimento “ufficiale” del genere.

 

Conclusioni

 

La Fantascienza moderna ha dato prova di uno straordinario polimorfismo, anche se ormai è percepita più come genere cinematografico che letterario. Diciamo che oggi possiamo distinguere tra una Fantascienza Maggiore ed una Fantascienza Minore. La prima si manifesta laddove si creano opere “specificamente” di Fantascienza: Letteratura, Cinema, Fumetto.

La seconda comprende le creazioni che citano elementi noti dei capolavori della fantascienza per catturare l’attenzione del pubblico, come avviene in campo pubblicitario e, tranne rare eccezioni, in quello dei videoclip musicali.

Com’è evidente, la cultura dell’Occidente è pervasa dalle suggestioni fantascientifiche e rappresenta un terreno fertile dal quale stanno per nascere nuove forme espressive. Quali saranno è davvero troppo presto per dirlo.